Nei trattati del Rinascimento, la figura dell’architetto è descritta come quella di un personaggio che ha doti non solo tecniche e culturali, ma anche morali: probità, correttezza, prudenza e così via. Anche allora insomma le tentazioni dovevano essere frequenti, e oggi sappiamo tutti come vanno le cose.
Sull’argomento vorrei raccontare un paio di episodi.
Un giorno il sig. A, che sta costruendo la sede della sua ditta su progetto dell’architetto B, incontra In cantiere l’impresario C, e chiacchierando gli chiede che pensa dell’architetto.
– Bravo, ma è un gran bischero (ovviamente, la scena si svolge in ambiente fiorentino).
– Perché un gran bischero?
– Perché lui non prende mazzette, ma siccome tutti le prendono, i suoi clienti sicuramente penseranno che anche lui le prenda. Perciò è un gran bischero.
Naturalmente non è vero quello che pensava B, e poi non ci sono solo i passaggi illeciti di denaro: spesso si è di fronte solo a qualcosa di eticamente inopportuno.
Ai tempi di Tangentopoli per esempio, avvicinandosi il Natale, una grande impresa volle accompagnare gli auguri ai tecnici che dirigevano i lavori di un complesso di proprietà comunale con dei bellissimi televisori a colori, allora piuttosto costosi. Anche se i comportamenti di tutti erano stati ineccepibili, il valore degli oggetti mise in imbarazzo i destinatari, però la restituzione sarebbe stata un atto scortese e immotivato: si doveva trovare una soluzione diversa. Alla fine, per evitare equivoci, i tecnici ringraziarono, accettarono i televisori ma decisero di girarli al Comune perché ne facesse beneficenza. Solo che nella struttura amministrativa comunale non esisteva qualcosa che assomigliasse ad un ‘Ufficio restituzione regali’, per cui seguirono incontri, viaggi, lettere, spiegazioni e molte perdite di tempo, finché alla fine qualcuno individuò uno sgangherato circolo sociale e uno sperduto ospizio che era stato da poco visitato dai ladri.
Così tutti contenti. Salvo la RAI, che ai tecnici mandò dei solleciti per gli abbonamenti: ma poi la cosa si chiarì.
Come tutti sanno, poi, le tangenti si possono far sparire con modi raffinatissimi, ma qui ne racconto uno semplicissimo, e a suo modo geniale.
Due tecnici, L. e O., sono incaricati di esaminare una pratica immobiliare molto importante per controllare se tutto è a posto per procedere alla compravendita di un grande complesso realizzato da una grande società che adesso lo vende a un ente statale. Avvocati, notai, commercialisti hanno già verificato quanto di loro competenza e tutto è a posto. Ora tocca ai tecnici: quello che è stato costruito corrisponde al progetto, al capitolato, ai documenti di appalto, alle norme e ai regolamenti? Se sì, la transazione può avvenire: un sacco di soldi.
L’esame è accurato, si sfogliano pagine e pagine e alla fine anche sotto l’aspetto tecnico tutto risulta a posto. Perfetto.
– Mandiamo via il parere? chiede O.
– Un momento, controllo una cosa, dice L.
Nell’ultima pagina dell’ultimo documento c’è una tabellina riassuntiva di tutti i capitoli di spesa con il totale, e questo totale sarà la cifra che verrà inserita nel contratto che una équipe di notai ha già preparato. Questione di poco, dunque, poi tutto sarà formalizzato e l’affare felicemente concluso.
Ma L. controlla la tabellina, e scopre che la somma è sbagliata: 2+2 non fa 4 ma 4,1. Possibile? Si rifà il conto, ma è proprio così: 4,1. Si avvisa chi di dovere.
– Ops! Un errore materiale, dicono i venditori, provvediamo subito.
Fanno la correzione, dopo di che passano tutto ai notai e l’acquisto si conclude. Per gli acquirenti è stata una fortuna che la pratica sia stata esaminata da persone competenti, oneste e pignole come L.: hanno risparmiato più di un milione di euro.
Qualche tempo dopo racconto l’episodio a un amico.
– Tu credi a un errore? Mah. Per me era una tangente. Pensaci.
Ci penso, e mi basta poco per convincermi che ha ragione. Sarebbe stato un meccanismo perfetto: chi mai, dopo avere letto una lunghissima e dettagliatissima perizia, si mette a rifare la somma dell’ultima tabellina nell’ultima pagina? Eppure è su quell’ultima cifra che si fanno le delibere e si stipulano i contratti. L’uovo di Colombo.
Aggiungo che L., persona molto esperta, probabilmente non ha fatto la verifica per caso, ma perché sapeva che certi ‘errori’ sono tutt’altro che rari. E infatti ecco una variazione sul tema.
Un giorno i membri di una grande società commerciale scoprono che le quote azionarie del socio più importante, il sig. B., personaggio di fama internazionale (no, non è Berlusconi), non corrispondono al capitale versato, ma sono un po’ superiori, e questo non vuol dire spiccioli ma milioni di euro. Fatti i dovuti accertamenti, risulta che ciò è conseguenza di un piccolo errore avvenuto all’atto della costituzione della società: lo spostamento inavvertito di un rigo della tabellina riepilogativa delle quote ha fatto attribuire a B. una percentuale diversa da quella che a lui spettava, e, guarda caso, piuttosto vantaggiosa.
I soci: – Tutto chiarito, si può fare la correzione?
Il socio B.: – Ma quando mai!
Sulla faccenda si scatena una battaglia legale molto pesante. Sullo sfondo fa da spettatore l’autore materiale dell’errore, che ha fama di persona stimatissima e irreprensibile.
Però… Si sa che a pensare male si fa peccato, ma ci si azzecca, no?


