Nascita del corridoio

Pare che l’invenzione del corridoio sia da attribuire all’architetto inglese John Thorpe, che nel 1597 costruì a Londra una casa con il primo esempio di una soluzione costruttiva che in seguito sarebbe stata applicata nei più diversi contesti. Purtroppo non abbiamo altre notizie sull’opera di Thorpe, per cui per approfondire l’argomento dobbiamo riferirci alla costruzione della Coleshill House, una residenza nobiliare inglese costruita nel Berkshire dall’architetto Robert Pratt nel 1650 secondo presupposti simili. L’edificio non esiste più perché è stato distrutto da un incendio nel 1952, ma ne sono rimaste le piante, e da esse risulta che aveva una serie di stanze sui due fronti opposti, divise, appunto, da un lungo corridoio.

La Coleshill House era una casa di aristocratici, e al tempo (XVII-XVIII secolo) le case degli aristocratici erano organizzate con stanze poste in successione con una certa libertà compositiva ma cercando di creare effetti scenografici per dare visivamente agli ospiti e ai visitatori l’idea della ricchezza e del potere dei proprietari. L’effetto più ricercato erano le cosiddette enfilades, cioè delle suggestioni prospettiche realizzate allineando le porte delle sale contigue. Questo accorgimento permetteva di risolvere brillantemente la funzione di rappresentanza, ma la possibilità di passaggio nei vari ambienti era insoddisfacente per la riservatezza. Oltretutto i proprietari, per godere delle comodità per loro irrinunciabili, dovevano convivere in una relazione molto stretta e quotidiana con la servitù, la cui presenza pervasiva dava origine a situazioni delicate e a disagi continui. Anche se gli aristocratici erano abituati a fare il proprio comodo senza tenere in nessuna considerazione le persone di servizio, davanti alle quali si comportavano come se non esistessero, questa convivenza era una continua fonte di stress e di pettegolezzi, e non di rado anche di storie torbide e di violenze.

Si cercò così di mitigare questi problemi attribuendo alla successione delle stanze un carattere di progressiva maggiore riservatezza, lasciando una maggiore libertà per le sale di ricevimento più vicine agli ingressi, e riservando alle camere da letto le zone più lontane e private, che poi furono dotate di spogliatoi, boudoir e salottini, diventando così delle zone appartate – di qui il termine ‘appartamento’ – riservate ai proprietari e a chi era ammesso a condividerne l’intimità: parenti, amici, amanti. Oltre, naturalmente, ai servitori che dovevano essere sempre disponibili a chiamata e sparire quando la loro presenza non era più necessaria. Per questo si crearono dei percorsi a loro riservati e separati dai percorsi principali, con scalette e accessi dai quali in ogni momento, al suono di una campanella, i servi potevano raggiungere le camere dei padroni partendo dalle cucine e dalle altre stanze a loro pertinenti, in genere poste negli scantinati e nelle soffitte.
Naturalmente questi passaggi si prestarono anche per altri scopi, più o meno leciti e segreti ma frequentissimi, che sono stati oggetto delle trame di una infinità di romanzi (pensiamo alla Regina Margot di Dumas) e di film.

Oggi chi pensa al corridoio immagina un ambiente stretto e lungo che dà accesso a una serie di stanze nelle quali si svolgono le funzioni; il corridoio serve come passaggio e generalmente non è di uso esclusivo. Ora, il corridoio della Coleshill House è un poco diverso, perché assolve una funzione di filtro verso coppie di piccoli appartamenti modulari, dei quali contiene le scale di servizio. L’organizzazione funzionale insomma, benché evoluta, risponde ancora ai canoni delle residenze aristocratiche del tempo, e non poteva essere diversamente perché le regole sociali erano quelle. Però la linea era tracciata anche se il percorso da fare era lungo: la separazione della servitù si ritrova infatti ancora nel primo novecento in molti villini borghesi, che hanno a margine delle facciate sulla via delle piccole porte riservate alle persone di servizio che le utilizzavano senza intralciare le zone di rappresentanza.

Ma oltre che avere fatto un primo passo verso il corridoio come lo pensiamo oggi, Pratt, per come ha impostato il progetto Coleshill, sembra avere dato il via anche a una tipologia costruttiva, quella che i tecnici chiamano ‘a triplo corpo di fabbrica’, che ha avuto una diffusione enorme per i vantaggi che presenta sotto il profilo funzionale, costruttivo e igienico dei fabbricati; un’idea che si prestò nel primo Novecento per grandi realizzazioni di edilizia sociale. Con l’evoluzione dei costumi si arrivò a distinguere non i comportamenti ma le funzioni, attribuendo alle stanze una certa libertà di uso, purché se ne controllasse l’accesso. Come sanno molti genitori per i quali le camerette dei figli sono diventate rigorosamente off-limits.

Esempio di una casa nobiliare con stanze di rappresentanza e zone private: la Chiswick House a Londra, di Richard Boyle (1726).

Veduta della Coleshill House in una incisione del 1818 di J.P. Neale e H. Hobson (British Museum).

Piante dei piani della Coleshill House. Al piano seminterrato ci sono cucine, guardaroba, dispense e altri ambienti per le attività della servitù; al piano terreno l’atrio con lo scalone, due appartamenti, un salone, un soggiorno, una nursery; al primo piano la grande sala da pranzo e quattro appartamenti. Non abbiamo la pianta delle soffitte dove c’erano le camere della servitù. Si noti che il corridoio è fiancheggiato da due muri di grosso spessore dovuto all’inserimento di grandi camini, ma forse anche per tenere caldi gli appartamenti, oltre che per sostenere la terrazza in copertura (da Sarti).