La colonna con la statua della Dovizia – oggi correntemente detta Colonna dell’Abbondanza – che si eleva nel centro di Firenze, in piazza della Repubblica, è la stessa che un tempo stava al centro del Battistero a sostenere la temutissima ‘statua di Marte’ ricordata da Dante.
Ecco perché.
Alcuni pochi di quei pochissimi che conoscono le mie idee circa le origini del Battistero di San Giovanni (e cioè che non si tratta di un monumento romanico, ma romano, proprio romano come vogliono le più antiche tradizioni fiorentine) sanno già che un giorno, mentre in piazza della Repubblica guardavo la colonna dell’Abbondanza (anticamente della Dovizia), mi è parso improvvisamente chiaro che quella colonna un tempo doveva stare al centro del Battistero, a sostenere sul suo capitello la famosa statua di Marte che è ricordata da Dante nella Divina Commedia.
Fatto qualche approfondimento senza trovare elementi contrari alla mia idea, vi ho fatto cenno in una piccola pubblicazione sulle origini del San Giovanni.[1] Secondo me, dunque, tutto avrebbe avuto inizio nel 406, quando sulle pendici fiesolane si concluse in una strage l’invasione del re goto Radagaiso, sconfitto dall’esercito romano guidato da Stilicone; dopo di che i fiorentini, come scrive Villani,[2]«ordinaro di fare nella detta cittade uno tempio maraviglioso all’onore dell’iddio Marti» in memoria del fatto. E così Firenze ebbe quello che oggi è il suo Battistero.
In quegli anni lontani, tra la fine del IV e gli inizi del V secolo, la comunità cittadina era attraversata da profondi contrasti tra cattolici, ariani e pagani, dato che ogni gruppo cercava la propria affermazione. I cattolici, appena conclusa la costruzione del Tempio, ne presero subito possesso per farne una chiesa, e perciò rimossero la statua, simbolo pagano, portandola al Ponte Vecchio. I marmi dell’edicola che la circondava, invece, dato il loro valore, furono smontati e deposti nelle vicinanze, finché nel 1150 furono riutilizzati adattandoli per creare l’attuale lanterna del monumento.
Ma anche la colonna che sosteneva la statua deve avere avuto una sorte simile, perché ho presto scoperto che la mia idea di un suo rapporto con quella di piazza della Repubblica non era una novità, essendo stata prospettata già fino dal Cinquecento. Cercherò adesso di riassumere la questione valendomi delle informazioni che mi offre un bel saggio di Margaret Haines.[3]
Oggi tutti ritengono che la colonna sia romana, ed è certo che nel 1429 giaceva da tempo immemorabile ai piedi del campanile di Giotto. Poi, in quell’anno, l’Opera di Santa Maria del Fiore ne concordò la cessione, in cambio di alcuni beni esistenti in Mercato Vecchio, agli Ufficiali della Torre, cioè alla magistratura preposta alla gestione degli spazi pubblici della città, che avevano intenzione di utilizzarla per quello che oggi si definirebbe un intervento di arredo urbano che prevedeva di collocarla in un preciso punto del Mercato, ponendovi sopra una statua che doveva rappresentare la Dovizia e che era stata già commissionata a Donatello. Ma Donatello era famoso per le sue lungaggini, per cui solo dopo molti solleciti si arrivò nel 1430 alla consegna della statua e al compimento del programma. L’attesa dei committenti nonostante questi ritardi dimostra che colonna e statua facevano parte fin dall’inizio di un progetto unitario, che prevedeva una spesa rilevante perché la transazione fu fatta a fronte di una cessione di beni, e poi anche perché una colonna così bella aveva un grande valore e perché si era scelto lo scultore migliore.[4]
A questo punto dobbiamo iniziare un altro discorso, riguardo cioè al rapporto della colonna di piazza della Repubblica – o del Mercato Vecchio – con il Battistero. Questa colonna (chiamiamola A) per proporzioni e materiale (granito, probabilmente dell’Elba) ha un’evidente somiglianza con le altre dodici (B) dell’ordine basso interno del San Giovanni, rispetto alle quali però ha un’altezza inferiore di 25 cm. Secondo una tradizione antica, questa colonna in origine stava collocata subito a sinistra entrando dalla Porta del Paradiso; da lì sarebbe stata rimossa per essere sostituita da quella scanalata che c’è ora, che è in marmo bianco come l’altra che sta a destra entrando (colonne C). E qui abbiamo un singolare incrocio di coincidenze: le colonne C sono delle stesse misure e proporzioni delle B, ma di un materiale diverso, mentre la A è dello stesso materiale ma non della stessa altezza.
Sempre secondo la tradizione, avallata nel Cinquecento da vari autori (Albertini, Borghini, Vasari), la colonna A sarebbe stata proprio quella che sosteneva la statua di Marte al centro del Tempio e che sarebbe stata spostata dai Cristiani fiorentini.[5] Gli studiosi di oggi invece, pur non obiettando sul fatto che le colonne C siano antiche e che siano state poste nel San Giovanni in epoca cristiana, quando poi si tratta di spiegare perché siano diverse dalle B, le indicano come marmi di spoglio provenienti da perduti monumenti della Firenze romana o delle vicinanze.
Ma questa affermazione non sta in piedi. È infatti impossibile credere che delle colonne di recupero si siano potute inserire così precisamente per le misure e armoniosamente per le proporzioni, nonostante la diversità del materiale, in un contesto formale calibratissimo come quello del San Giovanni; e poi, a Firenze o nei dintorni non sono mai state trovate tracce di un edificio romano che potesse far pensare di avere avuto colonne simili, nemmeno nell’area del Campidoglio cittadino.
Ancor più incredibile è l’idea che queste colonne abbiano sostituito altre precedenti, perché non c’era nessun motivo per fare una trasformazione del genere, evidentemente peggiorativa dal punto di vista estetico, e che avrebbe comportato rischi grandissimi per la stabilità della cupola e della quale peraltro sarebbero rimaste tracce tangibili di connessioni e riprese murarie, che invece non sono state trovate da nessuna parte.[6]
Ci sarebbero da fare anche altre osservazioni, ma fermiamoci qui e cerchiamo invece di arrivare a una spiegazione logica; che c’è, e possiamo ricavarla proprio dalle tradizioni fiorentine, che sotto un manto di fantasie nascondono un fondo di verità. Ecco dunque come potrebbero essersi svolti i fatti.
In origine al centro del Tempio stavano la colonna A e la statua di Marte. Entrambe furono rimosse quando il Tempio divenne chiesa, sia perché ingombravano lo spazio, sia perché la statua era un simbolo pagano. Ma è importante aggiungere un particolare non considerato dagli studiosi, e cioè che la statua non era solo un simbolo di vittoria, ma anche un simbolo di pace e prosperità: questo infatti documentavano molti precisi reperti dei riti di fondazione del Tempio che furono trovati negli scavi ottocenteschi senza però che venissero riconosciuti dagli archeologi del tempo. Incredibile, ma è così, e ancora più incredibile è che da allora nessuno abbia fatto qualche approfondimento sui rapporti del tempo e sui resti ancora visibili sotto il Battistero.
Di questa qualificazione della statua non solo come simbolo guerriero (Marte, che poi era invece l’imperatore stesso in vesti di guerriero) ma come simbolo connesso con l’augurata ‘dovizia’ cittadina, cioè per un futuro migliore dopo lo scampato pericolo, era certamente rimasto qualche ricordo, che doveva essere ancora ben noto al popolo e agli intellettuali anche nel Rinascimento, ed è per questo che Leonardo Bruni pensò ad essa quando definì il programma per riqualificare l’antico mercato. Margaret Haines ha intuito ciò quando ha scritto che il programma «comprendeva con ogni probabilità fin dal primo momento l’idea deIIa figura allegorica deIIa Dovizia, quasi una virtù atteggiata ad idolo, ma anche un voto di prosperità in tempi di dure prove deIIa Repubblica».[7]
Il legame con il mondo classico dunque ci fu, e non solo per motivi culturali o aspirazioni artistiche, bensì anche per ricollegarsi ad un augurio antico e potente, per dare corpo al quale si fece ricorso a Donatello; e ciò indica quanto certe credenze fossero ancora vive e diffuse nella società fiorentina.
Seguendo questa traccia si sciolgono infine altri nodi della questione. Uno riguarda la somiglianza della colonna A con le B, e allo stesso tempo la sua differenza di altezza: tutto si spiega infatti dal punto di vista compositivo e dell’immagine. Per vari motivi per i quali rimando a un mio studio precedente,[8] l’immagine che offriva in origine l’interno del Tempio era molto diversa dall’attuale. Al centro, intorno alla statua di Marte, sorgeva un’edicola simile a quella dipinta da Vasari nel Salone dei Cinquecento, e la colonna A che ci stava dentro doveva ovviamente essere simile alle colonne B, ma un poco più bassa di esse, dovendo stare su un piedistallo e sostenere la statua; perciò la sua altezza fu calibrata per non essere né sproporzionata né troppo emergente al di sopra del giro trabeato dell’edicola. Così si spiega anche la sua identità di proporzioni e di materiale con le B.
Resta da chiarire perché le colonne C sono diverse, ma anche per questo c’è una spiegazione. Le due colonne sono sempre state dove si trovano, e sono state volute diverse dalle altre per motivi simbolici, come si capisce dal fatto che anche all’esterno accanto alla porta est ci sono due colonne bianche diverse da quelle delle porte nord e sud, che sono verdi. Si tratta di un simbolismo di tipo solare, molto diffuso nell’antichità e legato al culto dell’imperatore vittorioso, paragonato al sole che vince le tenebre: per questo ogni mattina i raggi solari dovevano entrare dalla porta est e illuminare la sua statua. Un simbolo celebrativo, insomma, che si aggiungeva ad altri simboli simili presenti nell’edificio.[9]
Il fatto poi che la colonna del Mercato Vecchio, nel 1429, si trovasse in possesso dell’Opera di S. Maria del Fiore e non di quella di S. Giovanni, come sarebbe stato logico se davvero la sua provenienza fosse stata dal Battistero, si spiega con il fatto che, essendo rimasta abbandonata per secoli ai piedi del Campanile, doveva ormai essere pacificamente considerata proprietà dell’Opera di Santa Maria del Fiore, essendosi perduta ogni memoria della sua provenienza. Una forma di usucapione, insomma.
Inutile infine approfondire l’idea che la nostra colonna A sia un elemento di recupero tratto dalla Santa Reparata, chiesa bruttina e sgraziata a detta di tutti i fiorentini del tempo, e nei cui resti non è stato trovato niente che faccia pensare che sia mai stata nobilitata da membrature di tale pregio.
E quanto al fatto che la colonna venisse collocata innestandola con un solido perno di ferro nel troncone di un’altra colonna più antica, oggi scomparsa sottoterra, ma che nel 1429 emergeva ancora dal suolo all’incrocio delle due strade principali della città, questo conferma la precisa volontà di ricondursi al contesto delle origini romane di Firenze, viste come fonte di orgoglio cittadino.[10]
Insomma: si può essere sicuri che la colonna che stava al centro del Battistero quando, come dicono le più antiche tradizioni, era un Tempio di Marte è proprio quella che oggi svetta in Piazza della Repubblica, a sopportare non solo il peso di una statua, ma anche di secoli di storia.
[1] Degl’Innocenti P. (2019), Il Battistero di San Giovanni, un enigma fiorentino – Studi, leggende e verità da Dante a Ken Follett, Firenze, Pontecorboli.
[2] Cronica, I, XLII.
[3] Haines M. (1984), La colonna della Dovizia di Donatello, Rivista d’Arte, anno XXXVII serie IV, vol. I, pp 347-359.
[4] Haines M. (1984), p. 348.
[5] Haines M. (1984), p. 354 nota 22.
[6] Degl’Innocent P. (2017), L’architettura del Battistero fiorentino di San Giovanni – Progetto, appalto, costruzione, vicende, Firenze, Pontecorboli, p. 85 sg.
[7] Haines M. (1984), p. 356.
[8] Degl’Innocenti P. (2017), p. 89 sgg.
[9] Degl’Innocenti P. (2017), pp. 81 sgg.
[10] Haines M. (1984), p. 355 nota 25.
Le colonne hanno sempre avuto un grande valore, per cui, se inutilizzate, venivano comunque conservate. Questa è la colonna di piazza Santa Felicita, che ha avuto una sorte simile a quella di piazza della Repubblica: scampata alle distruzioni del 1944, fu depositata per molti anni in una corte vicina, finché non fu ricollocata al suo posto.