Ho letto in un libro – ‘Aria sottile’, di Jon Krakauer – che un giovane, partito dal nord Europa, arrivò in bicicletta fino all’Himalaya per scalare l’Everest (ovviamente, non in bici), ma poi, avvertito di perturbazioni in arrivo, rinunciò e tornò indietro. Scelta molto, molto saggia, dato che i corpi congelati di molti imprudenti punteggiano le vie della scalata.
Questo racconto mi ha ricordato la vicenda di un mio studente di nome Silla, che, diversamente dall’omonimo condottiero romano, era di carattere mite e timido. Silla era venuto dal Mali per studiare architettura, e aveva sostenuto l’esame con me senza brillare, ma dimostrando applicazione e buona volontà. Mi era bastato poco per capire che era arrivato fin lì, al terzo anno di studi, dopo aver percorso un cammino molto più arduo di qualunque studente italiano.
Superato il mio esame non lo vidi più, ma qualche anno dopo tornò per chiedermi la tesi. Mi disse che stava facendo una vita difficile, e che per mantenersi lavorava come manovale in un cantiere. Non erano balle, lo si vedeva subito, e le sue mani lo testimoniavano, così come i lapis e gli scampoli di carta che usava per i suoi disegni.
Ora, ci sono vari tipi di studenti e vari tipi di tesi, ed è buona norma scegliere caso per caso il tema che si ritiene più adatto al laureando. A Silla ne proposi uno che era alla sua portata, sia come difficoltà che come impegno di tempo, e anche di costi, considerando che una tesi di architettura può comportare spese notevoli. Così, con grandissima fatica Silla riuscì a disegnare quanto strettamente necessario, ma i suoi fogli facevano capire quanto sofferta fosse stata l’elaborazione di quel progetto così povero.
D’altra parte, in tanti anni di commissione di tesi ne avevo viste di tutti i colori, per cui me la sentii di portare alla discussione questo laureando da libro Cuore confidando nella comprensione dei commissari. Silla, come Dorando Petri, arrivava senza più forze al traguardo della sua maratona.
E invece la comprensione non ci fu, nemmeno un pizzico. Caso più unico che raro, Silla non fu ammesso alla discussione: il presidente si impuntò non tanto per il contenuto della tesi, ma per come era stata presentata, e nemmeno una voce si levò a sostenere il laureando, nonostante che alcuni professori fossero noti per le loro aperture etiche e sociali. Teorie.
Silla non disse nulla, non una parola; solo i suoi occhi dicevano tante cose, ma nessuno le volle vedere.
Per inciso, quell’algido presidente qualche tempo dopo finì sui giornali per aver sottratto un borsello in un negozio: ma aveva scelto male la sua vittima, perché era un giovane magistrato che lo inseguì non solo fin sulle scale e negli uffici dell’Università, ma poi, ovviamente, fin dentro le aule dei tribunali, dove fu condannato.
Del mite ragazzo maliano invece non seppi più nulla: fatta qualche ricerca in rete, non risultò che si fosse laureato. Probabilmente tornò in patria senza avere raggiunto la cima del suo Everest.