The Baptistery of San Giovanni, a Florentine Enigma (2019)

The Baptistery of San Giovanni, a Florentine Enigma

Studies, Legends and Evidences from Dante to Ken Follett

 

This elusive monument is classic, early Christian, Byzantine, Lombard or Romanesque? Is it really an ideal model of perfect unity or has been transformed in several times? And moreover: it’s born as a true baptistery or – perhaps – it was once a ‘Temple of Mars’?

Although studied for centuries in every aspect by a crowd of scholars and historians, the topic of the origins of the Florentine Baptistery of San Giovanni remains debated and obscure, since the authors are divided between those who believe it ancient and those who medieval. Thus, being it still not related with certainty to a specific historical context, the «bel San Giovanni» loved by Dante does not find a ascertained and firm placement in the texts, and it is not even clear the role it played in the birth of the Florentine Renaissance.
This book tries to give an answer to the lasting problem in a synthetic view that resumes documents and researches, pointing most of all to what the architecture suggests.

 

Contents
9 An Endless Debate
12 What the Architecture Shows
26 The Medieval Mirage
35 Early Christian Yes. Or Maybe Not
39 The God of War and the Virgin Martyr
45 Symbol of Victory and Supremacy
56 The Three Lives of the Monument
58 1. As ‘Temple of Mars’
65 2. As Christian Sheepfold
70 3. As Town Baptistery
81 Conclusions
83 Chronology Resulting by theTopics Exposed
85 Bibliographic References


Il Battistero di San Giovanni, un enigma fiorentino (2018)

Il Battistero di San Giovanni, un enigma fiorentino

Studi, leggende e verità da Dante a Ken Follett

 

Benché il battistero di San Giovanni sia stato ampiamente e autorevolmente studiato sotto ogni aspetto, le sue origini restano oscure, e anzi se ne discute da secoli con gli studiosi divisi tra chi lo crede antico e chi medievale, con tutte le possibili varianti: classico, paleocristiano, bizantino, longobardo, romanico, forse con strutture quasi gotiche; modello ideale di perfetta unità ma che invece, secondo alcuni, sarebbe l’esito di trasformazioni fatte nei secoli; principio del romanico toscano, o forse sua conclusione; battistero oppure, chissà, ‘Tempio di Marte’…
Così, non essendo stato possibile riferirlo con sicurezza a un preciso contesto storico, il “bel San Giovanni” tanto amato da Dante non ha trovato una collocazione certa nei testi di storia, e non è nemmeno chiaro quale ruolo abbia avuto nella formazione della civiltà artistica fiorentina.
Questo libro offre una chiave per risolvere l’annoso enigma attraverso documenti, ricerche e soprattutto l’interrogazione dell’architettura.


L'architettura del Battistero fiorentino di San Giovanni (2017)

Oggetto di una serie interminabile di studi, il Battistero fiorentino viene qui esaminato partendo da un’angolazione che è quella da cui ha inizio ogni opera di architettura: il progetto. Seguendo alcune tracce che ci vengono dalle antiche cronache, la ricerca esplora le vicende legate all’appalto dei lavori, alla costruzione e poi alle trasformazioni dell’edificio. Le indicazioni così ricavate convergono nel confermare che il San Giovanni è un monumento romano del V secolo, costruito in circostanze straordinarie, e che solo in un secondo momento è stato adattato per il culto cristiano, prima per essere cattedrale e poi battistero. Ha perciò fondamento la leggenda del cosiddetto ‘Tempio di Marte’: gli antichi racconti fiorentini sono conformi alla verità dei fatti e trovano pieno riscontro nella realtà costruita e nei reperti archeologici.


Cinquant'anni, cento chiese. L'edilizia di culto nelle diocesi di Firenze, Prato e Fiesole dal dopoguerra a oggi 1946-2000 (2009)

Al termine di una lunghissima e faticosa ricerca, di più di cento chiese costruite in questo periodo nell’area fiorentina viene fornita una scheda con le principali notizie e una descrizione grafica e fotografica, mentre la parte iniziale del saggio è dedicata a un inquadramento complessivo dell’argomento, con riferimento alle problematiche emerse con il Concilio Vaticano II e alcune note sui progettisti.

 


 

Cinquant’anni, cento chiese

L’edilizia di culto nelle diocesi di Firenze, Prato e Fiesole (1946-2000)

con la collaborazione di Lucia Di Nubila e Antonietta Anna Palma

Firenze University Press, 2009

https://fupress.com/catalogo/cinquant-anni-cento-chiese/1836

 

 

I – Vicende e architetture

Il dopoguerra

1 – L’avvio della ricostruzione

Le prime chiese da cui prende le mosse il nostro discorso sono quelle che erano state già iniziate negli anni ’30 e poi erano rimaste interrotte a causa della guerra, e quelle altre che vennero ricostruite perché rimaste distrutte durante il passaggio del fronte o per i bombardamenti. Negli anni della ricostruzione tornano, per un’ovvia forma di inerzia culturale, i temi tradizionali del comporre lo spazio sacro che venivano utilizzati prima dell’evento bellico. Schemi e concetti utilizzati dai progettisti rimandano per un verso, se pur in veste semplificata ed essenziale, alle forme e ai tipi della tradizione, con l’imitazione senza problemi di modi costruttivi e stilemi formali di lontana derivazione romanica, reinterpretata (magari con qualche tocco rinascimentale) secondo i canoni dell’architettura accademica. Per un altro, il riferimento è invece a quella modernista cara al passato regime, in coerenza con una visione «littoria» della città, nella quale la chiesa trova posto come edificio italico, latino, fatto di geometrie regolari, volumi integri, superfici chiare e luminose, decorazioni ridotte all’essenziale, archi a tutto sesto e proporzioni che ricordano le immagini dell’EUR o delle architetture pontine o dei manuali del tempo, anche se, appunto, molto semplificate o ridotte nelle dimensioni. Certi richiami diventano insomma fonte di un linguaggio tradizionale e ibrido insieme, ma più che appropriato per eprimere il sentire di una fede ancora non messa alla prova dal confronto con quella che sarebbe stata la diversa modernità del dopoguerra.

Caso tipico tra le chiese iniziate prima del conflitto è quello dell’Immacolata, che nasce sulla spinta dell’espansione urbana nella piana sotto il colle di Montughi, sul quale sorge la primitiva parrocchiale di S. Martino la cui dedicazione è rimasta nella parrocchia attuale. La chiesa si costruisce in varie fasi in un arco di circa trent’anni, dal 1935 agli anni ’60, su disegno di Primo Saccardi (che riprende però in molte parti del progetto la tresi di laurea per una chiesa a Montughi di Antonio Abram) e per iniziativa del parroco mons. Alessandro Sostegni. Il progetto ben rappresenta i caratteri salienti di larga parte delle chiese in questo periodo, con un impianto d’insieme simmetrico, a croce latina, che rivela l’adeguarsi a modelli desunti dalla tradizione. Il linguaggio formale è quello delle architetture razionaliste del ventennio di cui si è detto: superfici lisce e chiare, archi a tutto sesto, masse prive di tensioni, proporzioni non slanciate. Anche le tecniche costruttive sono quelle tradizionali, in pietra e laterizi; si affaccia però in alcune parti l’uso del cemento armato, con travi di luce ragguardevole. L’impiego del cemento armato in maniera sistematica si avrà solo a partire dagli anni ’50, e da allora sempre più spesso anche con valenza estetica.

Negli anni immediatamente successivi al ’45 le prime edificazioni sono ricostruzioni di edifici andati distrutti. Alcune avvengono in modo fedele, e quindi non rientrano nel nostro studio, ma altre sono invece reinterpretazioni, per quanto soggette a limitazioni e condizionamenti per il fatto stesso della ricostruzione. È questo il caso di S. Cristina a Pagnana, che si avvia nel 1947 su disegno di Lando Bartoli: l’architetto suddivide apparentemente in navate l’interno, ma usa due grandi arcate longitudinali, tendendo in realtà a creare uno spazio nuovo, trasversale e ravvicinato all’altare. Più composte e rispondenti ai canoni della tradizione sono invece la chiesa di S. Martino alla Rufina del francescano p. Raffaello Franci, del ’48, nella quale l’architetto ripropone gli stessi modi compositivi da lui usati nelle realizzazioni dell’anteguerra (una specie di Heri dicebamus), e poi quella del S. Bartolomeo di Primo Saccardi e Ivo Lambertini, nella centralissima piazza del Mercatale a Prato. Iniziata nel ‘49 e completata nel ’57, questa chiesa è caratterizzata da un quadriportico di ingresso, su un angolo del quale si innesta il campanile di facciata con adiacente il battistero; l’impianto è longitudinale a tre navate con cripta. Nel 1950 è la volta di S. Lucia alla Sala presso Brozzi, altra opera di Saccardi caratterizzata da grande semplicità, e nel ‘52 quella del Sant’Andrea a Montespertoli di don Peruzzi e dei Santi Gervasio e Protasio a Firenze di Bartoli. Altre ricostruzioni sono, nel ’53, quella di S. Stefano ad Ugnano di Enrico Taddei, e nel ‘55 quella di S. Maria Assunta a Filettole di Prato di Silvestro Bardazzi. Tutte queste chiese mantengono le originarie caratteristiche di impianto e le tipologie costruttive tradizionali.

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Link alla pagina dell’editore:

Firenze University Press

 

Dall’alto: Beata Vergine Immacolata in Valdorme; S. Giovanni Gualberto a Pontassieve; S. Jacopo al Girone; S. Maria Theotokos a Loppiano; S. Paolo a Stagnana; Ascensione a Firenze.


Dispensa del corso di Caratteri Distributivi degli Edifici (2008)

Mi è stato chiesto da qualche ex studente di mettere in rete la dispensa del mio corso di Caratteri Distributivi degli Edifici, anche se ormai vecchia e non aggiornata alle normative recenti, perché forniva dei sintetici riferimenti per progettare edifici funzionali, sicuri, salubri e anche correttamente impostati sotto l’aspetto dei rapporti personali e sociali.
Eccola qui.

 


Dispensa del corso di Caratteri Distributivi degli Edifici

Normative di sicurezza – Igiene edilizia – Barriere architettoniche – Spazio, percezioni e comportamento – Progettare spazi in cui vivere insieme – Tipologie abitative – Autorimesse – Considerazioni generali

 

Normative di sicurezza

Concetti generali

Per quanto riguarda la nostra materia, ci interessano le normative di sicurezza che riguardano da un lato la prevenzione, non solo degli incendi ma anche dei disastri in genere, e dall’altro la sicurezza delle persone che vi siano potenzialmente coinvolte. I due aspetti sono fortemente collegati. Qui interessa evidenziare i concetti chiave di queste normative.
Fondamentale per le aspettative dell’utenza è la questione della sicurezza. Gli edifici devono essere sicuri. Ma l’architetto non è l’unico ad avere potere decisionale. Spesso è accaduto che il committente o il costruttore o chi finanzia l’opera abbia imposto scelte che hanno finito con il mettere a rischio sia l’incolumità dell’utente finale che quella degli operai che realizzano l’opera (problema degli infortuni sul lavoro).

Perciò sono state create precise normative cui si devono adeguare i progetti (per la sicurezza di strutture, impianti, igiene, e poi per contrastare gli effetti di possibili eventi come terremoti, inondazioni, frane ecc.). Nel passato la progettazione veniva fatta troppo spesso in modo superficiale, con conseguenze drammatiche: già nel 1951 si iniziò la stesura di normative efficaci e moderne, ma poi quando nel 1983 ben 64 persone morirono nell’incendio del Cinema Statuto a Torino si pose mano ad una revisione di tutta la legislazione sulla sicurezza.

Essendo impossibile ottenere una sicurezza assoluta (si pensi ad es. alle azioni di criminali o terroristi), un concetto fondamentale è quello di limitare i rischi, e per far questo nei progetti si devono applicare certi criteri.
I principi fondamentali sono due:

  1. prevenzione e contenimento dei rischi per le persone (soprattutto, siano esse utenti, addetti, vigili del fuoco, protezione civile, forze dell’ordine ecc.) e per le cose;
  2. intervento pronto ed efficace.

I VVF hanno redatto un elenco completo delle attività sottoposte ad esame del progetto ai fini antincendio. Per esempio i locali di pubblico spettacolo sono l’attività 83.

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Architetture per lo spettacolo - Gli edifici per il teatro, la musica e il divertimento dall'antichità ad oggi (2007)

ARCHITETTURE PER LO SPETTACOLO

Gli edifici per il teatro, la musica e il divertimento dall’antichità ad oggi

Libreria Alfani editrice, 2007

 


 

‘Spettacolo’ è parola che ha in sé il concetto dello stare a guardare (lat. spectare), ma gran parte della produzione teatrale si è sempre proposta il fine di sviluppare il senso critico del pubblico, sia pure per mezzo del divertimento. Teatro cioè per pensare, per educare, per far crescere interiormente gli spettatori; spectare per dire esser presenti e ricettivi, non per stare solo a guardare. Per conseguire uno scopo che può andare dal puro svago alla meditazione più impegnata, nel corso dei secoli si sono così ideati gli spazi teatrali: un corpus di architetture di primario interesse, che copre tutte le civiltà e tutta la storia, con una dimensione spazio- temporale ed una ricchezza di motivazioni progettuali così ampie che trovano confronto, tra tutte le tipologie edilizie, solo nelle abitazioni e negli edifici religiosi.

Link a Libreria Alfani

Allego una sintesi di qualche argomento trattato nel testo.

1 – Il teatro greco classico
Vai al pdf

Da fare:
2 – La scena prospettica e il teatro all’italiana
3 – L’Opéra Garnier
4 – Bayreuth
5 – Il teatro del ‘900


La meridiana solstiziale del Battistero di San Giovanni (2007)

La meridiana solstiziale del Battistero di San Giovanni

«La linea del sole – Le grandi meridiane fiorentine»

a cura di Filippo Camerota
Istituto e Museo di Storia della Scienza

Edizioni della Meridiana
2007


 

Nel pavimento del Battistero di San Giovanni, presso la Porta del Paradiso, si può ammirare una grande tavola in marmo contenente i segni dello Zodiaco disposti in cerchio, con al centro il sole. Intorno alla figura del sole corre il verso palindromo EN GIRO TORTE SOL CICLOS, ET ROTOR IGNE , mentre lungo la circonferenza che racchiude i segni si leggono i versi HUC VENIANT QUICUMQUE VOLUNT MIRANDA VIDERE / ET VIDEANT QUE VISA VALENT PRO IURE PLACERE / FLORIDA CUNCTORUM FLORENTIA PROMPTA BONORUM / HOC OPUS IMPLICITUM PETIIT PER SIGNA POLOR[UM] / […] / IMA PAVIMENTI PERHIBENT INSIGNIA TEMPLI.  A questa tavola è legato il ricordo del più antico orologio astronomico fiorentino di cui ci è giunta notizia. In un passo della Cronica (I, LX), infatti, Giovanni Villani scrive:

«E troviamo per antiche ricordanze che la figura del sole intagliata nello ismalto, che dice: EN GIRO TORTE SOL CICLOS, ET ROTOR IGNE fu fatta per astronomia; e quando il sole entra nel segno del Cancro, in sul mezzogiorno, in quello luogo luce per lo aperto di sopra ov’è il capannuccio».

Questo evidente riferimento al passaggio del sole nell’interno della cupola ci dice dell’esistenza di una meridiana.

 


 

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Altri link:

Istituto e Museo di Storia della Scienza

La linea del Sole


Progettare con i comportamenti (2000)

Nelle materie compositive insegnate ad Architettura ci si occupa fin troppo degli aspetti estetici e formali del progetto, lasciando in sottordine quelli funzionali. Questo a mio avviso è un errore molto grave, perché i futuri progettisti sono poi portati a sottovalutare le conseguenze spesso disastrose che i progetti mal concepiti avranno nei confronti dell’utenza e dei committenti. Perciò nel mio corso di Caratteri Distributivi degli Edifici evidenziavo l’impatto che le scelte progettuali hanno sulla vita quotidiana e sui comportamenti delle persone, e a questo scopo nel 2000 pubblicai un articolo su come si organizzano gli spazi, sulle percezioni che ne ha l’utenza, sui comportamenti indotti e sulle relazioni interpersonali che vi si creano.


Progettare con i comportamenti

Firenze Architettura – 1.2000 dossier

 


 

Un corso di Caratteri dovrebbe occuparsi di come sono fatti gli edifici, ma nel nuovo ordinamento didattico della Facoltà di Architettura la cosa è piuttosto problematica. La brevità del tempo disponibile e la collocazione della materia al secondo anno rendono difficile rapportarsi con studenti che non sono ancora pronti per un ragionamento che si spinga un po’ oltre la manua­listica. A ciò si aggiunga che la materia è ferma ad impostazioni tipo Neufert, e che la ricerca è sopraffatta dalla proliferazione delle normative che coprono ormai ogni aspetto della progettazione – cosa d’altra parte comprensibile in una società sempre più livellata in comportamenti prevedibili e programmati -, e si capirà così la significativa perdita di ruolo di questo insegnamento rispetto ad altri più pienamente progettuali. Gli studenti lo avvertono, e cercano di non perdere tempo per avere le informa­zioni ritenute necessarie ai loro lavori, informazioni che nei tre anni successivi avranno tutto il tempo per dimenticare, come spesso si dimostra alle tesi. In questo contesto non è pensabile cercare di insegnare tutto di tutto: bisogna puntare su dei concetti-guida e sull’analisi di alcune tipologie. Dopo aver dato in alcune lezioni introduttive una sintesi delle principali norme riguardanti la materia, ho scelto perciò di occuparmi delle residenze e degli edifici per lo spettacolo, che presentano temi d’interesse generale e propongono in modo evidente il rapporto con la cultura dell’utenza. Si ha così anche un’occasione di stimolo per gli studenti ad ampliare il loro orizzonte culturale.

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Le origini del Bel San Giovanni - da Tempio di Marte a Battistero di Firenze (1994)

Le origini del Bel San Giovanni

da Tempio di Marte a Battistero di Firenze

Ed. CUSL 1994
Ristampa Alfani ed. 2015

 

Il Battistero fiorentino è medievale, altomedievale o paleocristiano? La controversia dura da quattrocento anni, ma oggi il problema è risolto: il San Giovanni è romano, e fu davvero «tempio di Marte» come la più antica tradizione fiorentina ha sempre sostenuto, anche se bisognerebbe dilungarsi per chiarire il senso di queste parole. La sua costruzione iniziò verso il 409 ed esso non fu battistero, ma edificio celebrativo dal complesso significato augurale e apotropaico, prodotto di un pensiero progettuale che non appartiene alla civiltà cristiana, ma a quella pagana. Un’altra, conseguente novità è che il grande edifico non fu costruito dai fiorentini: sarebbero stati degli orientali a donare alla futura città del fiore il suo primo capolavoro. I motivi per pensare tutto questo sono di diversa specie: alcuni tratti dal monumento, altri dal contesto sociale e urbano del tempo, altri da documenti epigrafici. Adesso dunque a tutto si può dare una spiegazione: ai resti delle domus romane trovate sotto il monumento, al suo gigantismo e al fuori scala rispetto alla città e alla Santa Reparata, alla sua originalissima morfologia, alla pianta centrale a alla cupola aperta in alto con un occhio simile al Pantheon, alla complessa e virtuosistica concezione della struttura, e perfino ai singolari reperti trovati negli scavi: una mezza macina da fornaio, dei resti bruciati di frutti e prodotti della terra e tante, troppe monetine.

L’augurio dei fiorentini nei reperti della cerimonia di fondazione del ‘Tempio di Marte’: raccolti, pane, prosperità.


Progetto 'Vasari 2000' per una metropolitana leggera di servizio al centro storico di Firenze (1992)

Nel 1992, sviluppando un’idea dell’arch. Nino Jodice, insieme a lui all’ing. Paolo Cioni elaborammo uno studio che prevedeva la realizzazione di una metropolitana leggera di servizio al centro storico di Firenze. La linea si sviluppava da ovest a est sotto l’alveo dell’Arno e utilizzava un sistema di navette Stigler-Otis capace di far fronte a flussi notevoli e già ampiamente sperimentato e commercializzato. Queste navette funzionavano come ascensori orizzontali: trainate da cavi, si muovevano su cuscino d’aria dentro un vano corsa di modesta sezione, tale da non comportare alterazioni al delicato contesto esistente né dal punto di vista paesistico né da quello idraulico. Anche la realizzazione non avrebbe comportato disagi per il traffico cittadino né interventi su proprietà private. Lo studio fu presentato in Palazzo Vecchio l’8 febbraio 1992.

 

Relazione di progetto