È ovvio che nello svolgimento della sua attività un architetto debba attenersi alle leggi, alla deontologia, ai principi della correttezza e dell’etica. Tuttavia negli eventi della vita ci si può trovare di fronte a casi di coscienza. Che fare ad esempio se si dovesse scegliere tra compiere un’irregolarità o salvare una vita?
Detto così può sembrare un’esagerazione, e un po’ lo è, ma serve a inquadrare sinteticamente una situazione piuttosto complessa ma reale.

Molti anni fa un parroco ebbe un brutto infarto. Sopravvisse, ma abitava a un piano alto in un edificio antico con scale tortuose, dove era impossibile istallare un ascensore o un servoscala. Questo gli causava molti problemi perché tante persone avevano continuamente bisogno di lui, e lui non si negava a nessuno; ma così ogni giorno si rinnovava il rischio. Per prudenza avrebbe dovuto lasciare la parrocchia e trasferirsi, ma questa era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare e che nessuno si augurava, perché lui era il collante di una comunità molto attiva che era riuscito a creare con gli anni superando molte difficoltà.
Un giorno però qualcuno scopre che esiste la possibilità di realizzare un ascensore in un posto che nessuno aveva preso in considerazione. Purtroppo però una modifica del genere, benché nascosta e assai poco invasiva, molto difficilmente avrebbe potuto ottenere le necessarie approvazioni, e comunque in tempi lunghissimi.
In qualche modo si ripropose così, per un semplice ascensore, l’antica questione di Antigone: la legge diceva una cosa, ma il cuore ne diceva un’altra. Che fare?

In parrocchia tutti decisero di seguire l’esempio di Antigone. Salvo il parroco, che si astenne.