(segue da parte 1)

3 – Militari del V secolo

Militari dall’oriente

Come si sa, Davidsohn ha attribuito a questa comunità siriana larga parte del merito della diffusione del Cristianesimo a Firenze,[1] considerando che al tempo di Ambrogio i cristiani fossero ancora un nucleo poco numeroso,[2] ma la sua spiegazione si basava più che altro sul presupposto che le comunità commerciali orientali avessero costituito il principale movimento migratorio del tempo, dimenticando quello ben più importante dei militari: il trasferimento di truppe dall’Oriente per le necessità della difesa in Occidente fu infatti intenso e continuo. La presenza di questi militari è rimasta documentata in molti luoghi dove si attestavano le difese contro i barbari, specialmente nell’Italia settentrionale, e così deve essere accaduto anche a Firenze. Nel cimitero di Santa Felicita sono state trovate varie lapidi di soldati che dovevano essere stati di guarnigione, morti forse per cause di servizio, o forse dei veterani che qui si erano stabiliti perché avevano proprietà o legami familiari.

E questa presenza di truppe deve essere durata a lungo, dato anche che la condizione militare era ereditaria, per cui è possibile che col tempo i legami tra popolazione locale e militari si siano fatti più stretti, fino a interessare anche la sfera religiosa.[3] Lo stesso uso della lingua greca si spiega bene in un ambito militare: per truppe provenienti da varie zone della Pars Orientisdell’impero era necessaria una lingua comune, dato anche che i contingenti venivano frequentemente integrati o si avvicendavano: era quindi logico che nei corpi si mantenesse l’uso di una lingua internazionale com’era il greco.

La presenza di militari spiega dunque assai meglio dei labili contatti commerciali ipotizzati da Davidsohn la diffusione locale del Cristianesimo, che sarebbe avvenuta sia per l’integrazione che col tempo si doveva generare tra i soldati stanziali e la popolazione civile, sia per la presenza di missionari al seguito delle truppe. Questa presenza è documentata per il VII secolo, ma è possibile che un clero orientale abbia seguito le truppe già nel V secolo, sulla scia di quei rapporti che, sul piano religioso, dovevano esistere come si è visto tra Firenze e il mondo ‘greco’ fino dal tempo di Ambrogio.

Lapidi di militari

Anche le date delle lapidi di Santa Felicita suggeriscono di approfondire l’idea dei militari. Al riguardo va tenuto presente che le lapidi che sono esplicitamente di militari non recano indicazioni di date, salvo una, e sono scritte in latino. Altre lapidi lasciano pensare di essere probabilmente appartenute a militari in base alle considerazioni che saranno esposte di seguito.

Dunque: di tutte le lapidi trovate, sia latine che greche, otto recano date che sono comprese tra il 405 ed il 547, quasi un secolo e mezzo. Le lapidi con indicazioni di date si trovano più frequenti all’inizio e alla fine di questo periodo; negli anni intermedi c’è una sola lapide, del 491. Sembra quindi che il cimitero sia stato utilizzato maggiormente agli inizi del V secolo e verso la metà del VI, cioè rispettivamente nel periodo delle invasioni di Alarico e Radagaiso e in quello della guerra goto-bizantina.

Quattro lapidi sono sicuramente di soldati barbari come indicano i nomi dei defunti. Una, piuttosto tarda, è di Macrobius, ‘primicerius Primi Theodosianorum Numeri‘,[4] cioè comandante di un reparto dei Primi Theodosiani, che morì nel 547, quindi durante la guerra goto-bizantina. I Numeri erano, insieme alle Cohortes e alle Alae, tipiche truppe ausiliarie del tardo impero, formate appunto da barbari e destinate alla difesa dei confini, specie nelle provincie occidentali. Macrobius doveva prestare servizio in quei contingenti che i Bizantini trasferirono nell’Italia superiore negli anni tra il 537 e il 568 nel contesto della guerra contro i Goti. [5] Le altre tre, che purtroppo non recano indicazioni circa la data della sepoltura, appartengono invece a soldati di un corpo particolare, la Schola Gentilium,[6] che, come indica il nome, era composta di barbari;[7] e nomi di barbari avevano appunto Mundilo, [8] morto a circa 40 anni, Segetius, [9] morto a 38, e Pylades, ducinarius, cioè comandante di un reparto di quindici uomini. E, a rafforzare le indicazioni circa la presenza a Firenze di questo corpo scelto, un altro frammento di lapide trovato nel 1948 conteneva anch’esso l’indicazione di una schola. [10] Ad un soldato bizantino anche lui barbaro è verosimilmente da attribuire un’altra lapide, quella di Anastasius Galata, data appunto la sua provenienza dalla Galazia, regione famosa per i guerrieri valorosi;[11] e, come ho già accennato, lo stesso Theoteknos sepolto nel 405 poteva essere un militare orientale, benché la sua lapide non offra indicazioni al riguardo.

Comitatenses e limitanei. Le scholae

Anche il quadro storico d’insieme conferma la validità dell’ipotesi di una consistente presenza a Firenze di militari provenienti dall’Oriente. Al tempo, l’esercito imperiale era distinto tra Limitanei, truppe stanziate sui confini, e Comitatenses, truppe dell’esercito campale, distinte a loro volta in Comitatenses veri e propri e in Palatini, che erano di stanza nel palazzo imperiale.[12] I Limitanei già a partire dal IV secolo, e poi soprattutto dal V, erano corpi poco efficienti, sedentari e dediti più alla coltivazione dei campi che alle esercitazioni militari,[13] che costituivano quindi la parte stanziale dell’esercito, posta a difesa dei confini in guarnigioni fisse.[14] I comitatenses erano invece la parte mobile dell’esercito; tuttavia col tempo anch’essi furono dispersi in armate regionali, diventando pseudocomitatenses. [15] E questo sembra il caso di Firenze. La difesa del passo d’Arno, infatti, era allora la logica conseguenza della situazione di pericolo in cui versavano tutte le città poste sulle possibili direttrici di un’invasione. Per indirizzarsi verso Roma, i barbari che scendevano dal nord est della pianura padana potevano scegliere se percorrere un itinerario lungo l’Adriatico, oppure se attraversare l’Appennino, raggiungere la Tuscia e dirigersi poi verso Arezzo. In questo caso era molto probabile che un invasore che proveniva da Nord e non seguiva la costa scegliesse la strada di Firenze, e questo può spiegare la presenza in città di truppe normalmente stanziate altrove e i cui ranghi erano formati in larga parte da barbari, dato che l’arruolamento di barbari era allora una prassi consueta.[16]

Rinforzi dall’Oriente ai primi del V secolo. Una difesa stanziale

In varie occasioni, già a partire dagli anni precedenti l’invasione di Radagaiso, ci furono arrivi di militari dall’Oriente nel contesto di un grande sforzo per migliorare la difesa dell’Italia.[17] A quel tempo infatti l’impero, pur distinto in due partes, era ancora considerato da tutti come uno solo.[18] I movimenti di truppe entro i confini dell’impero si inseriscono dunque in un quadro ampio e accertato: nei primi anni del V secolo infatti l’invio di truppe dall’Oriente fu richiesto più volte da Stilicone, da Onorio,[19] da Costanzo.[20]

In previsione delle invasioni, tra la fine del IV e gli inizi del V secolo molte città dell’Italia settentrionale, e la stessa Roma,[21]rinforzarono le difese. Il pericolo si era concretizzato nel 401 con i primi tentativi di Alarico e Radagaiso, per cui gli anni successivi devono essere stati vissuti a Firenze in un clima di grandissima tensione,[22] finché nel 406 ci fu l’intervento liberatorio di Stilicone;[23] e il fatto che nella successiva invasione del 408 Alarico non sia passato dal territorio fiorentino fa indirettamente capire che Firenze aveva ancora integre le sue difese.

Perciò la presenza di militari a Firenze non deve essere stata un fatto episodico legato all’invasione di Radagaiso. In città doveva essere presente già prima una guarnigione che veniva continuamente integrata con nuovi invii di truppe: sono infatti abbondanti le testimonianze di richiami effettuati in condizioni di emergenza, tanto da arrivare alla leva degli schiavi. In questo contesto, la presenza di soldati di origine barbarica a Firenze si spiega appunto con l’appartenenza alla guarnigione o a truppe di rinforzo inviate sul posto.

I soldati sepolti a Santa Felicita potevano dunque essere stati trasferiti qui per far fronte ad una situazione di emergenza che si protraeva nel tempo (una particolare forma di chain migration, insomma), e probabilmente la loro presenza non era legata ad un evento eccezionale, quale fu l’invasione di Radagaiso, ma ad un programma di rinforzo delle difese attuato su vasta scala, iniziato già prima del 406 e durato a lungo. Questi soldati dovevano appartenere ad una guarnigione di stanza in città, che era stata rinforzata agli inizi del V secolo con l’invio di truppe provenienti dalle provincie orientali, come ci indica la provenienza dei defunti (Celesiria, Galazia), la loro lingua e la stessa pratica della religione; truppe che rimasero stanziate in città integrandosi con la popolazione locale, come dimostra il fatto che i soldati morti venivano sepolti nel cimitero della locale comunità cristiana.

Nella lapide di Mundilo è scritto ‘sen. sco. gent.‘: un veterano, dunque, della Schola Gentilium Seniorum, [24] truppe che in origine appartenevano al comitatus, la guardia dell’imperatore, e lo seguivano nelle campagne di guerra.[25] Poi, dal V secolo, gli imperatori non scesero più in campo di persona, e questo farebbe datare le tre lapidi di Santa Felicita non prima degli inizi di quel secolo.[26] Forse anche Theoteknos, benché morto nel 405 e quindi quasi un secolo e mezzo prima di Macrobius, potrebbe essere stato un militare impegnato nella difesa di Firenze, già allora minacciata dalle invasioni.

Una guarnigione doveva trovarsi stanziata in città già alla fine del IV secolo, dato l’aggravarsi della situazione, e che la sua consistenza non fosse idonea a fronteggiare il pericolo che si prospettava è dimostrato dal fatto che Stilicone, nel momento della crisi, dovette ricorrere a iniziative del tutto straordinarie pur di avere per tempo a Firenze i soldati di cui aveva bisogno.

Oltre al richiamo di rinforzi, poi, la città fece fronte alla minaccia raddoppiando il circuito delle mura sul lato nord: lo rivela l’andamento dei percorsi viari antichi in questa zona, e lo dimostravano anche le caratteristiche dei reperti – mura, torri, porta – messi in luce negli scavi di fine Ottocento in piazza San Giovanni.[27][28][29] Questo raddoppio delle mura era un accorgimento difensivo consueto, e, benché parziale, fu un’opera di grande impegno eseguita in una situazione di emergenza, per cui si deve aver fatto ricorso a tutta la mano d’opera disponibile, anche chiamandola da fuori. C’erano insomma i presupposti per incrementare i flussi migratori dalla Siria, dove tra l’altro stavano avendo allora sviluppo non solo i commerci e le coltivazioni, ma anche le attività artigianali nel settore edilizio,[30] per cui doveva proporsi il facile reperimento di maestranze capaci.

 

Trade and army networks

La presenza di una guarnigione deve aver fatto convergere a Firenze mercanti e trafficanti, ma anche missionari e sacerdoti di vari culti, dato che i militari erano legatissimi alle proprie devozioni, e in un simile contesto era inevitabile che con la frequentazione quotidiana che si stabiliva tra le famiglie dei residenti e quelle dei militari di guarnigione, nonché con i vari personaggi al seguito, si creassero dei legami, e che questi legami si allargassero anche alla sfera religiosa. L’evangelizzazione dei fiorentini deve essere avvenuta non soltanto per via di indottrinamento, ma anche con la consuetudine, gli esempi, la mutualità, cioè per le vie prospettate dai trade networks: un concetto che bisognerebbe adeguare a trade and army  networks.

Si ha così una spiegazione assai più convincente rispetto a quella di un ipotizzato utilizzo da parte di mercanti qui da tempo residenti e che invece, secondo le probabilità, avrebbero dovuto fare propria la lingua del posto per evidenti motivi legati sia alla propria attività che alla consuetudine di rapporti che si dovevano col tempo essere stabiliti. Questi gruppi di ‘greci’ presenti a più riprese a Firenze negli anni a cavallo dei due secoli IV e V devono aver costituito una presenza insediatasi nel territorio e nel contesto sociale locale secondo modelli che – mutatis mutandis – ancora oggi riscontriamo, ad esempio, nelle basi militari presenti in Italia ma afferenti a paesi alleati: all’interno di esse si mantengono le leggi, le consuetudini, la lingua del paese di origine.

Borgo dei Greci

E infine: siccome la permanenza a Firenze dei costruttori del Tempio si deve essere protratta per circa vent’anni, considerando che assieme alle maestranze avranno dovuto trovare ospitalità in città anche i familiari, possiamo pensare che sia questa l’origine di quel borgo fiorentino che dei Greci mantiene ancora oggi una traccia toponimica. A Firenze, cioè, l’immigrazione dovuta al trasferimento di addetti alla costruzione del Tempio con le relative famiglie, dovrebbe aver causato agli inizi del V secolo un incremento della domanda di alloggi. Dove si poteva soddisfare questa domanda? Dato che nelle zone a nord, a ovest e a sud l’edificabilità era ridotta a causa dei corsi dell’Arno e del Mugnone, e in quella a sud anche per l’esistenza del cimitero in Oltrarno, un ampliamento poteva interessare soprattutto la zona a est, quella dell’anfiteatro, dove c’erano spazi, strade e corsi d’acqua. È presumibile quindi che lungo la strada suburbana verso Arezzo siano sorte nel tempo delle costruzioni, come sempre avviene in vicinanza dell’accesso a una città, e che lì si trovasse modo di soddisfare la nuova immigrazione: qualcosa di simile a quello che si verificò nel periodo di Firenze capitale con l’arrivo in città dei tanti impiegati dei ministeri piemontesi.

Correntemente il Borgo dei Greci è riferito ai possessi dell’antica famiglia dei Greci, ricordata in documenti del XII secolo e anche nella Divina Commedia; ma questa famiglia potrebbe essa stessa avere conservato nel suo nome la memoria di una lontana origine da gruppi orientali.

 

 

[1] Commercianti e fede: I, 62-63.

[2] Poco numerosi i cristiani: I, 57.

[3] A partire da Diocleziano, è istituito l’obbligo per i figli di militari e veterani di servire anch’essi nell’esercito. Gabba, Considerazioni…, 85.

[4] CIL, XI, I, 1694.

[5] Bognetti, SMFPDC, 16-17.

[6] CIL, XI, I, 1708, 1711; Not. Scavi, 1957, 309. [DuCange, s.v.], [Daremberg-Saglio, Dict. Antiq. Gr. et Rom., s.v.]. La Schola Gentilium era, in particolare, un corpo di truppe scelte creato da Costantino, o forse nato ancora prima di lui. Di essa si ha notizia fino all’epoca bizantina.

[7] Jones, 84. (controllare)

[8] Quella di Mundilo (CIL, XI, I, 1707) è: HIC.IACET.MUNDI / LO.SEN.SCO.GE / NT.Q.VIX.P.M. / AN.XL

[9] La lapide di Segezio (CIL, XI, I, 1711) è quasi completa: B. M. / HIC.IACET / SEGETIVS / DE.SCOLA / GENTILIVM / QVI.VIXIT / ANNOS.TRI / (GI)NTA.ET.OCTO / D.P.SEXTO.ID(VS) / FEBR…

[10] La lapide di Pylades [Notizia Scavi, 1957, 309] e’ frammentaria: … (P)YLAD(ES) …/ … DVCINARIV(S) …/ DE.SCOLA.GEN / TILIVM.QVI / VIXIT.AN.P.M. / … DEP.EST / …(IN)PACE. Una lapide con l’indicazione di una schola fu trovata anche da Maetzke negli scavi del 1948: IX –Firenze. Resti di una basilica cimiteriale sotto Santa Felicita – Frammento di lapide di un ducinarius de scola gentilium (nome non conservato) tomba 21: p. 307 fig. 25 b), 309; M. osserva che altre due della schola già si conoscevano (nota 1 nella pag.), per cui questa è la terza. Scritta molto bene, come quella di M.; in latino.

[11] CIL, XI, I, 1692.

[12] Jones, 167 e Not. Dignitatum.

[13] Gabba, Considerazioni…, 84.

[14] Dall’età costantiniana in poi è l’esercito di manovra che prevale: i limitanei già a partire dal IV secolo, e poi soprattutto dal V in poi, sono corpi poco efficienti, sedentari e dediti più alla coltivazione dei campi che alle esercitazioni militari. [Gabba, Considerazioni…, 84]

[15] Gabba, C., 92. Cfr. anche Jones, I, 167 e 208.

[16]  Onorio sollecitò da Teodosio II l’invio di rinforzi. , e per di più in varie occasioni vi furono invii di truppe da Bisanzio e composte di barbari

[17] I movimenti di truppe furono allora frequenti [Fatucchi], e lo stesso Stilicone, all’epoca della crisi dopo Teodosio, trattenne presso di sé in occidente soldati dipendenti dalla Pars Orientis [Mazzarino].

[18]  [Gigli]

[19] ripetute richieste di rinforzi che Onorio, proprio nei primi anni del V secolo, aveva sollecitato e ottenuto dal suo pari d’Oriente, Teodosio II.

[20] ancora tra il 412 ed il 421 l’imperatore Costanzo curò la creazione di una difesa stanziale nell’Italia nord-occidentale.

[21] Mazzarino, Stil. 277 nota 4

[22] La città, dopo il pericolo corso con Alarico, aveva apprestato le sue difese. [Mazzarino, Stil., 274 nota 2. Già nel 402 Roma aveva apprestato le sue difese [Mazzarino, Stilicone, 274]

[23] Secondo alcuni, la sconfitta avvenne il 29 agosto 406; secondo Mazzarino, l’invasione di Radagaiso va approssimativamente dalla fine del 405 all’inizio dell’autunno del 406. [Mazzarino, Stilicone, 75]

[24] Dalla Notitia Dignitatum sappiamo che esistevano la Schola Gentilium Seniorum e la Iuniorum.

[25] I soldati scelti, di stirpe barbarica (gentiles), erano chiamati dall’imperatore a servirlo, e a lui restavano vincolati da un patto di fedeltà.

[26] Jones, 864.

[27] Mazzarino, Stilicone, 274 nota 2.

[28] Varrone ad es. parla di case pubbliche poste presso una porta di città (De re rustica, III, II). A Galli (p. 95) alcune caratteristiche dei resti archeologici suggerirono funzioni amministrative o militari: per cui sembra che ci vedesse qualcosa di diverso da un uso privato.

[29] Degl’Innocenti, p. 123 sgg. La biforcazione di strade formatasi all’estremità del decumano massimo (oggi via della Vigna Nuova e via della Spada, all’incrocio delle vie Strozzi e Tornabuoni), denota che non c’era uno slargo fuori porta perché, uscendo, si attraversava subito un ponte sul Mugnone; e questa correzione del suo corso aveva costituito un buon accorgimento difensivo, oltre ad essere utile per scaricare parte delle fogne cittadine.

[30] Dopo il 480 d.C. (…) nuove tecniche costruttive e di una migliore lavorazione dei materiali (Tadiello, pp. 30-31). Nascono anche attività di artigiani (Grassi, due coniugi p. 25). Ancora Grassi (Due coniugi ecc., p. 22 nota 54): Nel Gebel Zawîyé la qualità delle tecniche edilizie e dunque degli edifici migliora prima che nelle altre zone (Tate, Les campagnes, 316).

Le lapidi della piccola Mar[cell]a, con la data del 417 espressa con il nome dei consoli di quell’anno, e quella di Segetius, un militare della Schola Gentilium.