Zoom in: Firenze – Chiesa di San Lorenzo – Cappelle Medicee.
Azione: visita con gli studenti della Scuola di Specializzazione ai restauri della Sacrestia Nuova di Michelangelo eseguiti dalla Soprintendenza ai Monumenti. Emozione, rispettoso silenzio.
Uscendo incrociamo però una turbolenta classe di ragazzini in gita scolastica che rompe la magica atmosfera con un comportamento da pizzeria. Non c’è nessuno che li tiene a freno; io non resisto e faccio qualche rimbrotto, ma senza risultato. Uno di loro anzi protesta: “Abbiamo pagato il biglietto!”.
Poi per fortuna escono. Mi avvicina un custode che mi ha visto piuttosto alterato. “Non si arrabbi, venga, le faccio vedere una cosa e si calmerà.”
Entriamo in uno stanzino alla sinistra dell’altare. Nel pavimento, ancora sulla sinistra, c’è una botola in legno stretta e lunga. La apre, e quella rimane ferma in equilibrio, come sospesa, per l’effetto di un invisibile contrappeso. Ingegnoso, penso.
– Grazie, è questo che voleva farmi vedere?
– Nooo. Venga, scenda con me.
Pochi scalini e sono in una cantina bassa e allungata, tutta vuota. Sulle bianche pareti qualche macchia e delle strane ragnatele. Poi realizzo: altro che macchie, altro che ragnatele! Sono disegni di una bellezza che fa impazzire, è la ‘Stanza segreta’ di Michelangelo!
Nell’estate del 1530, dopo la caduta della repubblica fiorentina di cui era stato sostenitore, Michelangelo rimase qualche mese nascosto qui per sfuggire alla vendetta dei Medici, e per passare il tempo disegnava le sue idee su queste pareti, riflettendo tra sé o con un amico, che ci ha anche lasciato qualche suo scarabocchio.
Però una modesta riflessione la voglio fare anch’io, e riguarda la curiosa botola con il contrappeso. Monica Bietti l’ha datata al ‘500, quindi contemporanea alla costruzione della Sacrestia, e in effetti l’alloggiamento del meccanismo a scomparsa nel muro indica una realizzazione contestuale. Ma perché si scelse una soluzione così sofisticata per una semplice botola?
Ragioniamoci un po’.
Premessa: la botola era necessaria. Se nella piccola stanza si fosse lasciato aperto l’accesso alla scala, il vuoto nel pavimento avrebbe richiesto la protezione di un’ingombrante ringhiera, per cui ecco la convenienza della botola, che in origine, quando qualcuno doveva scendere in cantina per attingere acqua da un pozzo che ancora c’è, si può immaginare che fosse tenuta aperta con un gancio o un puntello, come si fa sempre.
Quando però Michelangelo dové nascondersi proprio in quella cantina, si pose un problema nuovo, perché lui doveva poter uscire di lì in qualunque momento a botola chiusa. Ecco quindi l’utilità di creare un meccanismo per aprirla senza sforzo dall’interno; e doveva anche essere un meccanismo che non ne rivelasse la presenza, anche se verosimilmente era tenuta nascosta sotto un tappeto o una stuoia. Con questo ingegnoso marchingegno dunque bastava una leggera spinta da sotto e la botola, equilibrata e leggera anche se piuttosto pesante (30-40 kg), si poteva aprire senza difficoltà, senza dover chiamare nessuno, senza manovre rese complicate dalla fretta o magari dal buio per l’improvviso spengersi di una candela. E soprattutto senza il pericolo che ricadesse sulla preziosa testa di Michelangelo o su quelle dei suoi visitatori.
Richiudiamo la botola.
Ciao Michelangelo!