Intorno agli anni ’80 le cooperative edilizie costituivano una notevole fonte di lavoro per i tecnici. C’erano cooperative di tutti i tipi, grandi o piccole, cattoliche o comuniste, strutturate come ministeri o fai-da-te, intrallazzate o no. A Firenze ce n’era una che funzionava a dovere, sotto la guida di soci dediti al bene comune e nient’altro. Proprio così: nient’altro.
Dopo lunghissime tribolazioni burocratiche e amministrative, quella cooperativa appaltò la costruzione degli alloggi per i suoi numerosi soci a un’impresa non molto conosciuta che aveva presentato un’offerta di pochi spiccioli più bassa rispetto a quella di un’altra impresa che nella sua lunghissima attività si era sempre dimostrata seria e affidabile. Una differenza irrisoria, che il consiglio della cooperativa avrebbe potuto tranquillamente ignorare; ma prevalse la correttezza e la trasparenza.
Così i lavori ebbero inizio con grande soddisfazione di tutti, e in particolare della ditta, perché i pagamenti avvenivano il giorno stesso dell’emissione degli stati di avanzamento. Roba da non credere.
Ma…
Ma un giorno, anzi una notte, ignoti entrano nel cantiere e lo devastano: giù ponteggi, casseforme, puntelli, caos dappertutto. Intimidazioni? Minacce? Avvertimenti? Furti? Titoli sui giornali: la mafia dei cantieri!
No, niente di niente; perché non era mafia, ma solo operai esasperati che venivano da molto lontano, avevano lavorato ma non avevano visto il becco di un quattrino di quanto puntualmente era stato pagato dalla cooperativa e incassato dalla ditta.
Forse a far saltare i nervi di qualcuno contribuì anche un episodio.
Una bella domenica di primavera a Montecarlo si corre il Gran Premio di Formula 1, e naturalmente c’è il collegamento tv. Prima della gara le telecamere indugiano a offrire panoramiche e a inquadrare il pubblico, e una si sofferma sulla facciata di un grande albergo del lungomare dove si vede una figurina che si sporge da un balcone e fa ciao ciao. È quanto basta per riconoscere che sì, è lui, proprio lui, il titolare della ditta. Che fa ciao ciao da Montecarlo.
Probabilmente fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Tra questo signore e i suoi operai e subappaltatori sorsero poi questioni legali nelle quali poteva trovarsi coinvolta l’onesta cooperativa. Furono mesi di grandissima tensione: i lavori non dovevano rallentare, bisognava arrivare in fondo. Ogni atto, ogni incertezza, ogni richiesta, potevano portare a ritardi, aumenti di costi, contenziosi, forse anche al sequestro del cantiere: conseguenze inimmaginabili.
Ma come Dio volle si arrivò a consegnare gli alloggi, anche se con qualche piccolo ritardo e con qualche strascico di scarsa importanza. Si fecero le assegnazioni, i soci entrarono in casa e si costituì il condominio.
La prima assemblea aveva da discutere un unico punto: “Questione zerbino”: quando pioveva c’era un ristagno nella fossetta che lo conteneva e bisognava provvedere.
Quell’ordine del giorno fu messo in cornice.