C’era una volta, da qualche parte nella piana a ovest di Firenze, un grande casale abbandonato, un tempo bello e pregevole ma ormai semidiruto e invaso da rovi e sterpaglie.
Un giorno qualcuno lo compra, e incarica del recupero un giovane tecnico il quale, trattandosi di un lavoro complesso, presenta preventivamente al Comune una bozza del progetto che ha in mente per sapere se è fattibile. Il parere è positivo, ma attenzione: i ruderi esistenti dovranno essere mantenuti e si potrà solo integrarli dove necessario. In altre parole: non si può buttare giù tutto e ricostruire. È chiaro? Ok, è chiaro, arrivederci.
Cominciano i lavori e passa del tempo. Poi un giorno arriva agli uffici del Comune un verbale dei vigili: passando di lì hanno scoperto che il casale è stato raso al suolo e rifatto tutto, proprio tutto. Esattamente quello che non si doveva fare.
Ahi ahi…
Conseguenze: multa salatissima (molte centinaia di migliaia di euro), ordine di demolizione dell’edificio costruito in quanto completamente illegittimo (molte altre centinaia di migliaia di euro), impossibilità di ricostruire il volume preesistente perché con la demolizione si è perso ogni diritto essendo l’area a sola destinazione rurale nel Piano Regolatore, e per di più è stata da poco soggetta a un vincolo idrogeologico di inedificabilità assoluta (ulteriori centinaia di migliaia di euro di danno); devastante contenzioso legale (ancora altri spiccioli)…
Dal cantiere un’onda d’urto burocratica e legale della massima intensità si propaga agli uffici, agli studi professionali, alle aule del Tribunale. Si assiste a uno scaricabarile letale: i proprietari devono pagare, ma si rivalgono sull’impresa e sul tecnico. L’impresa con vari pretesti si chiama fuori, dicendo in sostanza che ha obbedito agli ordini. I riflettori si spostano sul giovane tecnico, secondo me il minore responsabile del disastro. L’impresa infatti aveva enorme convenienza a rifare l’edificio ex-novo, e così pure i proprietari: il lavoro sarebbe stato più spedito e i costi molto inferiori. Probabilmente entrambi confidavano nel fatto che il posto era fuori mano e che, se si fosse fatto tutto rapidamente, nessuno si sarebbe accorto di nulla. E invece…
Di quel giovane tecnico, che probabilmente si trovò di fronte al fatto compiuto e non pensò a tutelarsi preventivamente in qualche modo, si persero le tracce.
Forse fece in tempo a raggiungere la Patagonia.
Postilla
Non è mai una buona idea sfidare la legge pensando di farla franca perché si pensa che le probabilità siano a nostro favore. Ecco un’altra esperienza.
Anni fa, una giovane coppia, per fuggire dalla città, compra una vecchia casa colonica in abbandono. Il posto è decisamente fuori mano, in mezzo a un bosco fitto e raggiungibile solo da un sentiero che è interrotto da una frana e poi da un’ampia pozza d’acqua.
Si cominciano il lavori. Accanto alla casa c’è un piccolo annesso dove si sta in piedi a malapena. I proprietari chiedono all’architetto:
– Potremmo rialzarlo un po’?
– Impossibile: le norme non lo consentono.
– Non essere pignolo: chi vuoi che ci veda? Qui siamo fuori dal mondo.
La richiesta si ripete. Alla fine l’architetto sta per cedere.
Ma prima che il passo fatale si compia, ecco che, una mattina, tra gli alberi di quel bosco remoto si materializzano silenziose delle presenze. Dei signori si avvicinano alla casa con passi misurati ma decisi e si presentano:
– Buongiorno, io sono il sindaco, noi siamo un paio di assessori, io dirigo l’ufficio tecnico, io comando i vigili urbani, io rappresento la forestale, e così via.
Quella mattina in ufficio non doveva essere rimasto nessuno.
– Che cosa state facendo? Avete i permessi? Ah, bene, vediamo un po’…
– Tutto a posto, arrivederci.
– Un momento!
Dalle bocche dei proprietari e dell’architetto eruppe all’unisono una domanda piuttosto disarticolata, ma che nella sostanza voleva dire:
– Ma che cavolo siete venuti a fare quaggiù? Siete sulle piste di un rapimento? C’è di mezzo l’antiterrorismo? Cercate una raffineria di droga?
– No, stiamo facendo il controllo delle sorgenti per l’acquedotto comunale, e dato che passavamo di qui…
Bingo.